Gli investimenti in formazione possono favorire la ripresa economica? In quasi tutti i paesi del mondo ci si sta rendendo conto che non solo l’istruzione dei ragazzi, ma anche e soprattutto la formazione dei lavoratori non può che arrecare benefici all’economia e di conseguenza alle comunità nazionali intere. Francesco Sacco, emerito professore della Bocconi e consulente del governo per l’implementazione dell’Agenda Digitale, ha parlato all’evento “Digitali per crescere” tenutosi il 23 Ottobre a Torino, spiegando in modo scientificoperché atri paesi stanno uscendo lentamente dalla crisi e noi siamo qui, ancora a metà del guado: è sufficiente vedere come negli ultimi 30 anni siano stati fatti gli investimenti nei vari paesi per capire che potenzialità sono riusciti a sviluppare per emergere nel nuovo contesto tecnologico sociale che si sta delineando. Gli investimenti in questione sono stati essenzialmente fatti nella tecnologia della comunicazione, nelle “autostrade delle informazioni” e, di recente, nella fondamentale dimensione del capitale umano, nellacompetenza,conoscenza e informazione delle persone. La scorsa settimana, è apparso su “La Stampa” un interessantissimo articolo riguardante la costituzione delle Corporate University in Italia. Le aziende hanno deciso di creare le loro università per formare, dall’interno, i talenti del made in Italy.
Come riporta l’articolo : “Negli Stati Uniti sono ormai quattromila, nel nostro Paese meno di quaranta, ma il confronto solo quantitativo, pur impietoso, ha poco senso. Le università d’azienda (Corporate university, Academy) crescono nel mondo, nonostante la crisi, anzi, forse proprio per questo, e si rafforzano anche in Italia. Dopo le pionieristiche esperienze della General Motors (1927) e di GeneralElectric (1956), le prime e vere realtà d’impresa di livello universitario negli Stati Uniti sono state quelle della Walt Disney e di Motorola nel 1981. Nel 1988 erano arrivate a 400, ma già nel 1997 se ne contavano mille e per il 2015 ne sono previste quattromila. In Italia sono molte di meno, ma il tema è in agenda per molte imprese, anche di medie dimensioni, che per essere competitive puntano sulla conoscenza e sui talenti dei dipendenti”. Anche se assumono diverse forme e modelli, le Academy Aziendali sono diverse dalle università private e dalle business school: la caratteristica distintiva è data dal fatto che sono possedute e controllate direttamente dalle corporation che le hanno generate e quindi esistono in quanto funzionali agli obiettivi strategici delle stesse. Tre elementi sono fondamentali dal punto di vista strategico nell’ambito della comunicazione interna aziendale:
- comunità o senso di appartenenza
- un’approfondita conoscenza della realtà e della storia dell’azienda
- sviluppo, a livello di competenze,delle “skills” maggiormente utili in azienda.
Ovviamente occorre sviluppare tecnologie adatte, come ad esempio programmi di e-learning e intranet aziendali, intesi non come semplice forma di apprendimento tramite il computer, ma come metodo di condivisione continua e,magari,bidirezionale, di conoscenze ed innovazioni. I costi di avviamento delle Academy Aziendali possono risultare alti, sia in termini di creazione dei contenuti che della scelta della tecnologia più adatta per garantirne la piena fruibilità “in ogni tempo e in ogni luogo”. Si potrebbero, però, ammortizzare i costi collaborando con altre imprese, ad esempio con l’utilizzo dei fondi bilaterali per la formazione continua oppure con le strutture pubbliche. In alcuni casi, come capita in molte realtà americane, si potrebbero recuperare dei costi dando accesso, per i temi che l’azienda ritiene più opportuni, a terzi esterni con corsi a pagamento. In quest’ambito, è possibile svolgere corsi riconosciuti con crediti universitari o addirittura, in alcuni casi (ma questo si verifica solo all’estero), con l’offerta di veri e propri titoli accademici. Sempre nell’articolo de “La Stampa” è interessante vedere quali sono le materie di insegnamento: si passa dai temi specifici dei settori di appartenenza alle lingue straniere, sicurezza e ambiente, per arrivare a toccare materie come cultura aziendale, time management, leadership, problem solving, team building e altri temi sulle soft skills. Ci auguriamo che le imprese italiane siano in via di risveglio da quel torpore che caratterizza gli investimenti “vecchi”,per cambiare sul serio e rendersi conto che il vero capitale, la vera forza di un’economia fiorente sta proprio nelle PERSONE e nel loro grado di formazione,a tutti i livelli.
Paola Pezzuto