Il blended learning è una delle tendenze più evidenti nel mondo della formazione, anzi è più che una tendenza, è ormai un assunto di partenza, un prerequisito implicito che permea il nostro lavoro di progettisti, che sottende le richieste che ci arrivano dai nostri clienti interni. Il perché è semplice: l’approccio blended consente di utilizzare sinergicamente le molteplici metodologie di apprendimento in presenza e a distanza moltiplicando le opportunità di formazione, assicurando a tutti i learner gli strumenti più adatti al proprio stile e ai propri bisogni di apprendimento, abbattendo le distanze e, non ultimo, contenendo i costi. Cuochi, chimici, registi, abili architetti, fantasiosi inventori. È così che a volte ci sentiamo quando siamo alle prese con la creazione di percorsi blended. Come cuochi… perché non basta mescolare diversi ingredienti, ma è necessario saperli scegliere e dosare sapientemente, proprio come avviene con le diverse metodologie. Come chimici… perché è fondamentale che ogni percorso scateni una reazione, generi un cambiamento. Come registi… perché è richiesta un’ottima capacità di gestione e organizzazione di tutti gli attori coinvolti nel processo. Come abili architetti… perché è necessario saper progettare città dell’apprendimento che mettano al centro il cittadino/learner, che prevedano luoghi di incontro e scambio a favore di una dimensione sociale dell’apprendimento, che siano ecologiche e prevedano la capitalizzazione e la valorizzazione del materiale formativo esistente. Come fantasiosi inventori… perché è richiesto un cambio di visione, un approccio proattivo verso un’innovazione che non ha regole rigide e predefinite, e i cui modelli teorici di riferimento vanno adeguati sempre al contesto ed alle caratteristiche del target. Qualsiasi sia il mestiere che sentiamo più vicino, o la metafora che preferiamo sposare, l’obiettivo è sempre lo stesso: raggiugere il mix magico che rappresenti il percorso “perfetto” Scopri di più su slideshare
Alessandra Scapati