Per capire che cos’è il blended learning (o b-learning), perché rappresenta una delle metodologie maggiormente utilizzate nei percorsi formativi e qual è il suo rapporto con il mobile learning, è necessario considerare le caratteristiche dell’ambiente informativo e formativo entro cui si collocano attività ed esperienze di apprendimento.
Tra formale ed informale, infosfera e spazi ibridi
Secondo il filosofo italiano Luciano Floridi oggi viviamo nell’infosfera. L’infosfera è “la globalità dello spazio delle informazioni”, “quell’ambiente informazionale in cui si trovano tutti i processi, servizi, ed entità informazionali”.
Viviamo dunque immersi nelle informazioni, informazioni che provengono dal e generiamo nel mondo fisico e digitale. L’infosfera rappresenta, infatti, il luogo in cui si sviluppano i cosiddetti “spazi ibridi”, spazi in cui virtuale e reale si mescolano.
Questa condizione ha un impatto anche sull’apprendimento: i contenuti formativi sono disponibili ovunque, sempre ed in tantissimi formati.
Inoltre, secondo Guglielmo Trentin, l’essere “always on” (sempre connessi), non solo contribuisce alla creazione di spazi ibridi (poiché attraverso i dispositivi mobili collegati alla rete Internet siamo in grado di “portare” spazi e contesti remoti in quelli esperiti fisicamente), ma anche al venir meno del confine tra formazione formale ed informale.
La “liquidità” della componente digitale, rendendo co-presenti o ibridando formati e metodologie, rende meno netta, “diluisce”, la separazione tra momenti di formazione formale ed informale.
Blended learning, l’apprendimento misto
L’apertura di nuovi spazi e possibilità formative porta con sé la necessità di capire come far evolvere e rendere più efficace l’apprendimento. Il blended learning o, abbreviato, b-learning, rappresenta una delle possibili soluzioni.
Il blended learning (letteralmente apprendimento misto) è l’approccio alla formazione che si fonda sull’utilizzo di diversi strumenti, linguaggi e metodologie che vengono integrati e combinati tra loro, alternando anche presenza e distanza, per promuovere e stimolare i processi di apprendimento. È proprio l’alternanza tra elementi che permette di valorizzarne i benefici.
Quello di blended learning non è, in realtà, un concetto recente, lo si ritrova già nei primi anni duemila come combinazione di modalità e metodi sincroni e asincroni in presenza e online. Moduli in e-learning, esercitazioni in presenza, risorse audio e video, realizzazione di prototipi, video-conferenze, creazione di virtual team o community, sono tutte attività che possono essere mischiate o mescolate.
Il b-learning viene fin da subito inteso e pensato non come una semplice giustapposizione di presenza e mediazione tecnologica, ma piuttosto come una loro alternanza ben studiata, tesa a valorizzare al massimo le varie componenti.
In particolare, la modalità asincrona è adatta allo svolgimento delle attività “knowledge-based”, finalizzate dunque all’acquisizione di conoscenza (come, ad esempio, un corso e-learning), mentre le attività sincrone devono valorizzare e puntare all’acquisizione di competenze ed essere dunque “skill-based”. Le attività sincrone non devono essere necessariamente in presenza, possono anche essere, ad esempio, webinar o laboratori digitali a distanza.
Il mix tra analogico e digitale dev’essere sempre costruito e calibrato secondo necessità ed opportunità dei soggetti cui il percorso si riferisce.
Inoltre, bisogna tener presente che, come affermato precedentemente, la distinzione tra formazione formale ed informale è sempre meno netta.
È la maggiore “portabilità” dei device ad aver contribuito significativamente al venir meno di questo confine: l’erogazione e fruizione di contenuti non è più vincolata al trovarsi in un’aula o al lavoro, può avvenire ovunque. La portabilità si lega e chiama in causa il mobile learning.
Blended learning e mobile learning
Ultimamente si è tornato a parlare molto di blended learning perché l’ibridazione tra mondo fisico e digitale si è ancor più accentuata. Questa ibridazione è dovuta alla sempre più capillare diffusione dei dispositivi mobile.
Basti considerare che, secondo un rapporto Censis pubblicato a novembre 2021, in Italia gli smartphone sono circa 48 milioni 700 mila (+8,9% dal 2019), mentre i tablet 7 milioni (+ 21,2% dal 2019). Come sopra anticipato nei percorsi di blended learning le attività svolte in modalità sincrona possono essere comunque mediate digitalmente. Non solo, il digitale arricchisce ed “aumenta” anche le attività in presenza. Ed è qui che entra in gioco il mobile learning.
Blended learning e mobile learning sono strettamente legati ed oggi un percorso blended non può escludere il mobile.
Il grande vantaggio dell’uso del mobile learning nei percorsi b-learning è quello di poter portare l’apprendimento nell’ambiente in cui le persone sfrutteranno effettivamente le conoscenze e abilità appena acquisite. Dunque, tramite i dispositivi mobile possono essere date all’utente spiegazioni, istruzioni o esercitazioni che possono essere svolte al momento o permettergli di capire meglio un problema o una situazione pratica.
I dispositivi mobile possono essere utilizzati nei percorsi di blended learning anche per fornire materiali per prepararsi a sessioni formative più lunghe, ad esempio fornendo dei micro-contenuti prima di una formazione in aula o di un webinar o, una volta terminate, per diffondere una sintesi degli interventi più significativi.
Infine, i dispositivi mobile possono essere usati per rendere più dinamica l’aula, ad esempio attraverso sondaggi o quiz.
Progettare un percorso blended: 5 consigli
Considerare il mobile learning nel mix del blended learning è dunque fondamentale. Vediamo altri 5 consigli per progettare un percorso di blended learning.
- Definisci chiaramente gli obiettivi
Per definire un percorso formativo blended efficace è importante partire dal considerare gli obiettivi.
Capendo bene quai sono gli obiettivi formativi, possono essere individuate le modalità migliori per raggiungerli. Solo così è possibile bilanciare diversi formati e possibilità.
- Rendi l’aula esperienziale
Con l’avvento del digitale, l’importanza della formazione in aula, meramente finalizzata all’erogazione di informazioni, viene ridimensionata, poiché questa funzione è assolta meglio dalla modalità digitale, dove l’informazione può essere codificata, strutturata e formalizzata con efficacia.
In aula bisogna dunque accentuare la dimensione esperienziale, privilegiare il confronto faccia a faccia tra docenti e colleghi, affrontare problemi, sviluppare insieme progetti ed esercitarsi.
- Gestisci il post aula creando community
Dopo aver effettuato delle attività in presenza è molto importante gestire la fase di post-aula. Questa fase dev’essere finalizzata al dare continuità al processo di apprendimento. Se in presenza le persone hanno avuto modo di discutere e confrontarsi è bene continuare in questa direzione spostandosi online e dunque creando delle community, mettendo a disposizione uno spazio per confrontarsi e spronando a continuare il dialogo.
- Considera le preferenze ed opinioni raccolte
Durante un percorso di blended learning possono essere diverse le occasioni in cui vengono intercettate preferenze ed opinioni dei partecipanti (ad esempio durante i sondaggi in aula). Tenerle in considerazione e cercare di soddisfarle è molto importante poiché permette di comprendere come poter essere più efficaci.
- Attenzione alle competenze digitali e trasversali
Per riuscire a muoversi, orientarsi ed apprendere in contesti in cui informazioni e risorse sono presenti in modo destrutturato e sotto molteplici formati, è necessario sviluppare nuove competenze, in particolare learning agility, ed una nuova mentalità, il digital mindset.
Allo sviluppo delle competenze trasversali contribuiscono non solo i percorsi formativi ad hoc ma, in generale, tutte le esperienze formative del soggetto. Di conseguenza, anche nel progettare blended learning è importante chiedersi come questo percorso possa contribuire allo sviluppo di competenze trasversali e come poterle allenare.
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