Quando è comparsa l’espressione “blended learning” per la prima volta? Pare fosse nel 1960, all’Università dell’Illinois, nell’ambito di un progetto scolastico pionieristico. In italiano lo definiamo apprendimento misto o apprendimento ibrido e rappresenta il punto di incontro fra i modelli più avanzati di e-learning e la tradizionale aula; un approccio alla formazione basato sull’utilizzo e la combinazione di metodologie, strumenti e linguaggi differenti.
Come si presenta dunque un programma di formazione blended? È un “mix magico” di elementi e risorse complementari tra di loro, selezionate, integrate e dosate per favorire i processi di apprendimento e massimizzarne l’efficacia. Come è ovvio, nella scelta del mix oggi abbiamo dei “paletti” alle attività in presenza, imposti dalla pandemia e dalla necessità di rispettare le nuove regole.
Cosa rende l’approccio blended così congeniale all’apprendimento?
Sicuramente, per la sua logica di progettazione: il concetto di apprendimento non come singolo evento o momento, ma come esperienza e processo continuo, che coinvolge le persone e si sviluppa in maniera graduale e costante, passo dopo passo.
Non solo: il blended learning riesce a rispondere ad una esigenza chiave dei contesti organizzativi: quella di stimolare e supportare processi di continuous learning in tutte le persone che operano all’interno dell’organizzazione, permettendo al loro know-how di crescere e rinnovarsi continuamente.
I vantaggi
Oltre a queste due motivazioni però possiamo rilevare molti altri vantaggi che l’approccio blended offre all’organizzazione e ai progettisti:
- l’abbattimento e l’ottimizzazione di tempi e costi della formazione.
- la possibilità di estendere la portata dei percorsi, cosa che non avviene in quei programmi che si limitano ad utilizzare la singola metodologia didattica (es. aula, il training on the job).
- le potenzialità legate alla flessibilità e alla personalizzazione del processo di apprendimento.
- la varietà e la contaminazione di linguaggi, strumenti e metodologie: una forte motivazione ad apprendere, poiché non solo sollecita le intelligenze multiple dell’individuo ma permette che uno stesso percorso si adatti a stili di apprendimento diversi.
- l’efficacia dell’apprendimento; perché nelle diverse occasioni dell’esperienza formativa, il partecipante ha modo di attraversare e riattraversare lo stesso dominio di conoscenza.
La progettazione blended, una sfida fra opportunità e criticità.
Progettare un percorso blended efficace è molto di più che aggregare singole iniziative, ma consente di valorizzare le potenzialità di ognuna e minimizzarne i punti di debolezza!
Se da un lato risulta sicuramente interessante e intrigante, implica però anche un’indubbia complessità, data da tutte le molteplici e variegate variabili che entrano in gioco. Insomma, il bravo progettista blended, proprio come uno chef alle prese con una ricetta sofisticata, deve necessariamente…
- conoscere gli ingredienti e le materie prime a disposizione – ovvero le metodologie, gli strumenti e i linguaggi della formazione – e tutte le loro caratteristiche e tratti distintivi
(punti di forza e aree di criticità)
- saper creare la miscela giusta, individuando le corrette quantità e proporzioni
- utilizzare e combinare la creatività con rigore e cura, mantenendo la flessibilità in tutti i passaggi.
Un abile chef cucina per i propri commensali e non per se stesso, e così anche un progettista blended; non basta padroneggiare metodo e tecniche, occorre anche adottare un approccio pedagogico nuovo, capace di mettere al centro la persona che apprende, con le sue necessità formative; è da qui che nasce la ricetta perfetta!
Cosa (e come) combiniamo?
La peculiarità del blended learning è legata alla combinazione di elementi differenti, ma non si tratta di integrazioni e mix casuali, tutt’altro. Studi ed esperienze sul campo suggeriscono di valutare in base alle diverse dimensioni dell’apprendimento su cui è possibile intervenire.
Possiamo allora costruire percorsi che prevedano:
Mix tra apprendimento online e apprendimento offline (face to face); questa è la modalità classica e la scelta più consueta.
- AULA + PILLOLE MULTIMEDIALI
- WEBINAR + AULA
- WEBINAR + VISITA AZIENDALE
Mix tra apprendimento formale (strutturato) e apprendimento informale (non strutturato)
- WEBINAR + AULA + SOCIAL NETWORK/COMMUNITY
- TED TALK/filmato da YouTube + AULA + SOCIAL NETWORK/COMMUNITY
Mix tra autoapprendimento e apprendimento collaborativo
- EBOOK/TUTORIAL + VIRTUAL CLASSROOM + SOCIAL NETWORK/COMMUNITY
Mix tra apprendimento sincrono e asincrono
- SELF ASSESSMENT/ONLINE TOOL + VIRTUAL CLASSROOM
Mix tra apprendimento off the job e apprendimento on the job
- AULA + SIMULAZIONE + ON THE JOB TRAINING
- WEBINAR + ON THE JOB TRAINING + COMMUNITY ONLINE
- MANUALE E-BOOK + ON THE JOB TRAINING
Consigli? Sì grazie!
E ora, entriamo nel vivo della fase progettuale di un percorso blended e vediamo quali sono gli aspetti essenziali da considerare e come muoversi.
1) Needs first. Come per ogni iniziativa formativa, anche un buon percorso blended deve partire dall’analisi delle esigenze formative. Il primo step è dunque focalizzare gli obiettivi e le finalità a cui mira la formazione, a chi si rivolge il programma (e le relative caratteristiche delle persone), e i contenuti da approfondire.
2) Il mix ideale… lo step più impegnativo e complesso. Non esiste una ricetta “one size fits all” né consigli universalmente validi. È bene garantire la molteplicità e la varietà di linguaggi e strumenti, puntando su quelli più utili e coerenti con lo scenario di riferimento.
Il segreto? L’equilibrio. Nell’introdurre una nuova metodologia, optiamo sempre per un approccio incrementale: si parte con poco poi, una volta testata l’efficacia, aumentiamo piano piano la dose, fino ad arrivare alla combinazione perfetta.
3) People matter. Concentriamoci sulle persone più che su strumenti e tecnologie: scegliere l’approccio blended non è solo trovare il giusto mix metodologico o lo strumento migliore, ma implica un cambio di mindset e un modo ulteriore di intendere la relazione con i partecipanti. Le persone, con i loro bisogni e preferenze, sono al centro dell’esperienza di apprendimento e coinvolgerle fin dai primi passi del processo; è un’ottima mossa per offrire percorsi in cui si riconoscano pienamente.
4) Digital skills wanted. Il digital learning è sicuramente un fattore chiave. Cosa succede però se i partecipanti non possiedono le skills digitali necessarie? Che il nostro lavoro rischia di andare sprecato. Nella progettazione di un percorso è bene valutare il livello di alfabetizzazione informatica dei discenti; e anche prevedere tool o figure in grado di supportare eventuali gap o carenze.
5) The big picture. Qualsiasi sia il percorso, dobbiamo avere una visione e un piano d’insieme; questa cornice ci aiuterà a garantire coerenza ed integrazione fra i diversi step e le diverse azioni.
6) Detail-view. Accanto al disegno generale, è bene focalizzare il contributo che la singola attività può dare al percorso e al risultato finale. Ciò vale anche per gli strumenti di valutazione che
andranno pensati e diversificati in funzione della singola iniziativa.
7) Monitorare, monitorare, monitorare! Dopo la partenza, ricordati sempre di monitorare il percorso, raccogliendo spunti e feedback dai partecipanti e da tutte le figure coinvolte (docenti, tutor, ecc.). È grazie a queste preziose informazioni potrai perfezionare e finalizzare l’esperienza, nel medio/lungo periodo.
8) Le giuste risorse e materiali che dovranno accompagnare la persona nel suo viaggio vanno individuate sapientemente. Le parole d’ordine?
- variare; proporre tipologie diverse di materiali offline e online
- adattare: soprattutto se lavoriamo in una dimensione crossculturale, è utile adattarle alle esigenze locali.
- e, infine… organizzare!