Approfondimenti

Come certificare il formatore digitale

La formazione sta cambiando. Il digitale ha schiuso nuovi orizzonti. Qual è il nuovo ruolo del formatore? Come evolvono le sue competenze? Perché è importante certificarle? Come può il formatore diventare a pieno titolo un formatore digitale?

L’ottava lectio magistralis del filone Learning di Exploring the Future ha come protagonista il formatore digitale e la certificazione delle sue competenze.

In questo appuntamento abbiamo incontrato Patrizia Magnoler, Professore Associato presso l’Università Telematica Pegaso, e Mariachiara Pacquola Docente presso il Dipartimento Fisppa dell’Università di Padova e ricercatrice presso il FOAP di Digione, che ci hanno accompagnato verso le risposte alle domande precedentemente poste e ad una riflessione più generale sul significato della formazione e della sua evoluzione contemporanea.

Il formatore digitale

Patrizia Magnoler definisce subito la formazione come “un processo che contribuisce a creare un modo di essere, di percepire e di farsi percepire”. Da questa definizione ricaviamo due evidenze.

La prima è che la formazione non può essere intesa come un prodotto “chiuso”, ma come una processualità di persone, organizzazioni e sistemi, un prodotto in evoluzione in cui il formatore è co-attore.

La seconda è che la formazione conduce il soggetto “al bisogno di farsi percepire”, il soggetto che riceve una formazione, dunque, ha la necessità di accedere a sistemi di riconoscimento condivisi. La certificazione nasce dell’esigenza di “farsi percepire”.

Qual è questo sistema condiviso che ci supporta nel riconoscimento e certificazione delle competenze del formatore?

Il processo di individuazione, validazione e certificazione delle competenze prevede 3 step/modalità (Dlgs.13/2013):

  • Individuazione (o attestazione di parte prima) – processo da cui viene prodotta una documentazione di trasparenza sulle competenze sviluppate, da parte di un Consulente di accompagnamento;
  • Validazione (o attestazione di parte seconda) – quanto presentato dal soggetto viene esaminato da diversi esperti (di metodo e di settore) che dichiarano il possesso di determinate competenze attraverso un documento di validazione;
  • Certificazione (o attestazione di parte terza) – è il processo che porta all’ottenimento del certificato delle competenze da parte di un Organismo collegiale terzo, spendibile nell’ambito lavorativo.

Il riferimento comune che ci permette di determinare quali sono le aree di attività e le attività dettagliate attribuibili al formatore, i risultati attesi e quindi le competenze richieste, è l’Atlante del Lavoro e delle qualificazioni. Questo individua 23 settori di attività economico-professionali, e il nostro formatore si posiziona nell’area dei Servizi di educazione, formazione e lavoro.

L’Atlante è l’elemento guida da cui partono le Regioni per organizzare il riconoscimento delle competenze. Il formatore, infatti, è una professione ancora non regolamentata quindi la normativa ci consente di costruire un processo di riconoscimento e di assegnarlo ad associazioni o altri enti definiti in ambito regionale.

Chi è il formatore digitale?

Magnoler ci parla di due ostacoli importanti, in termini di complessità, che il formatore incontra nel digitale.

Il primo è legato alle problematiche e agli obiettivi diversi a cui il formatore deve saper rispondere individuando innanzitutto le priorità nel contesto aziendale di riferimento. Ad esempio, può essere chiamato per trasmettere conoscenze, processi consolidati, per apportare innovazione nell’azienda, per connettere teoria e pratica o per epistemizzare la conoscenza pratica.

Il secondo è legato ai soggetti in apprendimento con cui si relaziona il formatore. Infatti, quando parliamo di formatore nel digitale intendiamo un formatore che opera nel e con il digitale verso destinatari che nel digitale hanno modalità di apprendimento innovative diverse rispetto a quelle classiche di tipo trasmissivo.

Ecco che, per affrontare tutto ciò, occorre rivedere e integrare le competenze classiche del formatore (progettuali/didattiche, comunicative e valutative) con tre nuove posture:

  • Leggere i contesti e attivare delle traiettorie di cambiamento;
  • Fornire occasioni di apprendimento “dotate di senso” alternando risultati attesi a risultati possibili;
  • Accompagnare le persone a rileggere la propria esperienza all’interno di una traiettoria professionale e personale.

Il formatore, dunque, è chiamato a progettare e gestire la continuità dell’apprendere.

Il nuovo formatore digitale

Alla luce del cambiamento delle competenze richieste al formatore, partendo dalle tre posture delineate da Patrizia Magnoler, Mariachiara Pacquola inizia il suo intervento esponendo una proposta di arricchimento della qualificazione del formatore.

Leggere i contesti e attivare delle traiettorie di cambiamento. L’innovazione tecnologica e digitale richiede da un lato innovazione organizzativa, dall’altro uno sviluppo culturale comunitario (considerando l’impatto della tecnologia nelle aziende), ma anche lo sviluppo delle competenze delle risorse umane. Il formatore deve immergersi nei contesti organizzativi e partire dalle competenze già presenti e dalla storia delle persone per accompagnarle alla trasformazione.

Il formatore deve quindi sapersi muovere con modalità di coinvolgimento diverse per accompagnare un collettivo di persone a ripensare e integrare saperi molto diversi e alla co-costruzione di nuovi saperi. La video ripresa degli attori aziendali è una metodologia utilizzata per “far parlare” il lavoro e far emergere nozioni sottese nelle pratiche.

Fornire occasioni di apprendimento “dotate di senso” alternando risultati attesi a risultati possibili. Il formatore deve avere una doppia capacità: mettere al centro della formazione il lavoro proponendo, nelle pratiche che si trasformano digitalmente, percorsi verso risultati attesi e possibili soluzioni dotate di senso. Allo stesso tempo accompagnare le persone a sviluppare nuovi significati e vantaggi legati proprio alla trasformazione delle proprie pratiche. Quindi deve far dialogare le competenze che va a sviluppare nei formandi con i riferimenti comuni condivisi dentro e fuori l’azienda (come gli standard regionali e nazionali), per attivare nelle persone il valore del proprio progetto formativo e valorizzare le competenze acquisite, anche in altri luoghi e tempi.

Accompagnare le persone a rileggere la propria esperienza all’interno di una traiettoria professionale e personale. Il formatore accompagna la persona ad attribuire un valore d’uso alla nuova competenza. Ciò significa innescare nella persona, riflessioni sul proprio progetto di occupabilità e mobilità interna ed esterna all’azienda; vivere la formazione con piacere perché ingrediente fondamentale per lo sviluppo professionale e personale, benzina per percorsi di cambiamento e trasformazione.

Il formatore si muove dunque in un complesso percorso che coniuga l’accompagnamento individuale del singolo, con momenti collettivi volti alla costruzione di un progetto aziendale condiviso di formazione e crescita.

I processi per certificare le competenze del formatore

Alla fine del suo intervento Pacquola ci illustra due ipotesi di dispositivi IVC adottabili dal formatore per attestare le competenze acquisite.

Il primo processo è quello di validazione “classica”: asincrona e a posteriori rispetto all’esperienza lavorativa compiuta dal formatore, attraverso cui ha acquisito le competenze che decide di portare a validazione. Quest’ultimo quindi può rivolgersi alle associazioni professionali, secondo la Legge 4/2013, oppure alle Agenzie formative accreditate dalla Regione di riferimento (quale ente titolato di parte seconda) e presentare una descrizione delle esperienze condotte insieme ad un dossier di prove e di evidenze come foto, testimonianze, dichiarazioni di terzi, e altri documenti che attestano la competenza. Inoltre, quanto presentato per la valutazione può essere integrato con una prova simulata o un colloquio prima della validazione.

La seconda ipotesi di cui ci parla Pacquola è quella di un dispositivo ibrido di formazione-validazione. In questo caso il formatore intraprende il percorso di validazione e certificazione mentre sta sviluppando le competenze, ovvero mentre sta lavorando o si sta formando o in entrambi i casi (come nel caso delle Academy aziendali). In questo processo le fasi di identificazione, e quindi di produzione del dossier delle evidenze, e di valutazione avvengono in maniera integrata alla formazione e al lavoro. Cosa significa? Significa che si susseguono momenti teorici di aula o online, per poi spostarsi sul posto di lavoro e affrontare situazioni significative con potenziale di apprendimento (come, ad esempio, accompagnare un gruppo interfunzionale di lavoratori ad introdurre una nuova tecnologia digitale nelle loro attività). Dopodiché si torna in aula per riflettere sulle cosiddette “tracce di lavoro” (come video dell’azione del formatore), per autovalutarsi rispetto agli obiettivi stabiliti e costruire il proprio dossier delle evidenze. Si mantiene questa alternanza fino a quando non è avvenuto un effettivo consolidamento delle esperienze. Infine, la fase di validazione prevede la progettazione, da parte di una commissione all’interno dell’azienda, di una prova autentica e la definizione di chiari indicatori di performance da osservare e dei risultati attesi. Un esempio è la video ripresa del formatore mentre è in azione e la successiva disamina con lo stesso del video della formazione condotta, in cui lui stesso espone l’attività svolta.

Grazie a questa lectio, abbiamo compreso come la formazione sia un processo in evoluzione, dinamico, alimentato dai trend e dai cambiamenti del mondo che ci circonda. Cambiano le esigenze formative e cambiano anche le richieste indirizzate al formatore, che deve evolversi esso stesso. Il formatore diventa un soggetto sempre più poliedrico, in grado di svolgere funzioni sempre più diversificate. Di pari passo con questi cambiamenti, e per la necessità di “farsi percepire” insita nella definizione stessa di formazione, è essenziale trasformare anche i modelli di attestazione e certificazione delle competenze.

È necessario, infine, un nuovo posizionamento culturale da parte di tutti, individui, organizzazioni e società in generale, che consenta di:

  • Ripensare la figura del formatore: affrontare la difficoltà culturale secondo cui la formazione funziona solo se si ottengono dei risultati e la qualità del formatore è determinata dalla corrispondenza tra ciò che viene fatto dal formatore e i risultati di apprendimento dei formandi. L’azione del formatore e la sua efficacia risiedono, in estrema sintesi, nell’aspetto emotivo e cognitivo del formando, nella sua consapevolezza e fiducia nella formazione come porta di accesso ad una migliore qualità della vita e del lavoro.
  • Individuare la richiesta da fare al formatore: spesso le organizzazioni hanno bisogno di essere accompagnate dal formatore stesso per riprendere il proprio funzionamento e giungere insieme alla definizione delle priorità da affrontare. Il formatore deve comprendere quali sono le aree sostenibili di cambiamento per la persona e l’organizzazione, capire cioè qual è la risposta formativa più generativa per quella determinata azienda.

Se non sei riuscito a seguire l’evento puoi guardarne l’abstract nel seguente video:

Scritto da: Monica Vergari il 8 Ottobre 2021

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