Un esempio pratico
Un amico vi ha parlato bene di un locale e siete molto curiosi di andarci. Siete davanti all’ingresso e notate, attaccati alla vetrina probabilmente da più di un anno, due fogli A4 sbiaditi in bianco e nero, su cui sono scritte delle parti di menù con il font che usate per i documenti in ufficio. C’è anche un poster con un evento che si è tenuto lì dentro l’anno scorso. Vostro malgrado, il cervello sta già immagazzinando informazioni molto prima di assaggiare il primo boccone: la vostra esperienza del locale è iniziata ancor prima di trovarvi davanti alla soglia, precisamente nel momento in cui il vostro amico vi ha raccontato di questo posto. Ora siete dentro e sperate che i piatti siano migliori di come si presenta l’ingresso, però sentite un sottile disagio aumentare per via di luci troppo intense che fanno risaltare i colori laccati delle stampe orribili alle pareti. Un cameriere distratto, la qualità e la presentazione dei piatti, un conto non coerente con la vostra percezione di quello che avete mangiato, l’atteggiamento con cui la persona dietro al bancone accoglie il vostro pagamento, il messaggio con cui vi saluta. Questo piccolo racconto serve a farvi capire quanti elementi ci siano nella vostra esperienza del locale, quanto sia complesso il viaggio che compie l’utente di un servizio e quante potenzialità di miglioramento vi siano per chi quel servizio lo propone.
L’importanza della user experience
Fare Design Thinking significa progettare l’esperienza dell’utente partendo dalla ricerca sui bisogni che lo spingono ad agire. Ad ogni problema dell’utente, chi progetta l’esperienza può rispondere con un ventaglio di possibilità che andranno sperimentate. Test dopo test, vengono acquisiti feedback fondamentali per trovare la soluzione migliore in quel dato momento. Facciamo un altro esempio. Avete mai scaricato un’app per poi maledire il momento in cui avete occupato Megabyte preziosi del vostro smartphone con un’applicazione non intuitiva, in cui non trovate quello che volete? Non vi preoccupate, non siete soli. Ma soprattutto, il problema non è di chi usa l’app, ma di chi ha progettato (male). Si tratta di errori di design che, se fossimo noi a progettare quell’applicazione, potremmo risolvere con le modalità del Design Thinking. Inizieremmo con una ricerca sugli utenti, chiarendo gli insight sui loro bisogni e i loro problemi, quindi sceglieremmo il problema che vogliamo risolvere, svilupperemmo una serie di soluzioni, dalle più razionali alle più creative, che poi andremmo a testare sugli utenti stessi.
Le regole base del Design Thinking: le 4 D
Abbiamo fatto esempi di ambienti fisici e digitali, ma anche le dinamiche interne dei gruppi di lavoro possono avere dei problemi e quindi essere risolte attraverso il Design Thinking. Sintetizziamo i punti fondamentali che caratterizzano questa particolare modalità di progettazione:
- poniamo l’utente al centro del processo di progettazione: le informazioni sugli utenti e degli utenti sono la base sulla quale si fonda la progettazione. Fare ricerca significa intervistare, fare questionari, ma anche studiare soluzioni esistenti o sperimentate, per comprendere comportamento e emozioni delle persone (discover)
- identifichiamo un problema tra quelli emersi nella fase di ricerca, che vogliamo risolvere, in base alle nostre possibilità e alla nostra visione strategica (define)
- sviluppiamo una serie di soluzioni: qui entra in gioco l’uso sia del pensiero verticale-razionale, sia del pensiero laterale-creativo, che ci consente di non ricadere su schemi esistenti. Per esempio, il Brainstorming o il metodo del Crazy eight sono efficaci, in questa fase (develop)
- facciamo dei test veloci per capire su quale servizio/prodotto puntare e approfondiamo il suo sviluppo attraverso dei prototipi (deliver)
- poiché le nostre soluzioni devono integrare i bisogni dell’utente, le possibilità della tecnologia e gli obiettivi di business, testiamo il nostro prodotto/servizio in un’ottica iterativa (ovvero acquisiamo feedback sui prototipi e torniamo alla fase di discover)
Applicazioni del Design Thinking
Le aziende che applicano la sequenza tipica del Design Thinking (discover, define, develop e deliver), o quelle che applicano un approccio simile come quello Lean (learn, build, measure) sono sempre di più: Google, con il Design Sprint, ne ha fatto addirittura un format, ma in tanti si rendono conto che porre l’utente al centro permette di creare un servizio/prodotto efficace e utile, fa ottimizzare gli investimenti, pone le basi per il miglioramento continuo. Esempi se ne vedono sia in ambito aziendale, in termini di servizio/prodotto ma anche di gestione interna, sia in ambito di coprogettazioni pubblico-private come quelle rivolte alla rigenerazione di spazi o al miglioramento dei servizi pubblici. Quando pensiamo di progettare qualcosa, facciamoci queste domande:
- sto contemplando l’utente? (o solo il mio ego?)
- sto dedicando il tempo necessario alla ricerca?
- mi sto aprendo a soluzioni creative o mi rifugio in quello che già conosco?
- come posso testare un prototipo rozzo del mio prossimo servizio/prodotto?
- come ricevo feedback?
- come posso utilizzare i feedback ricevuti per migliorare le mie idee?
E ora pensate al vostro lavoro, ai processi della vostra azienda, ai servizi e ai prodotti che sviluppate: che ruolo ha l’utente? Come si possono migliorare? Non ci resta che augurarvi buon design!
Tommaso Sorichetti https://www.linkedin.com/in/tommaso-sorichetti-uxdesigner/