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Diritto d’autore e Intelligenza Artificiale: sfide, sentenze e AI Act

Con l’avanzare delle tecnologie di Intelligenza Artificiale generativa, emergono nuove sfide legali, specialmente nel campo della proprietà intellettuale. La questione di come dati e materiali siano utilizzati per addestrare i modelli di IA sta guadagnando sempre più attenzione, sollevando dibattiti sul riconoscimento del diritto d’autore. Dai tribunali degli Stati Uniti a quelli della Cina, le sentenze emesse delineano un panorama giuridico in evoluzione. Quali sono le implicazioni di queste decisioni? E l’Europa, come si sta posizionando con il recente AI Act?

Che cos’è il diritto d’autore

Si tratta di una branca del diritto che tutela gli autori e le loro creazioni, garantendo ai primi benefici economici e morali con lo scopo di preservare tutte le opere realizzate grazie all’ingegno e alla creatività.

Il diritto d’autore vigente in Italia non va confuso con il copyright anche se questi termini sono spesso utilizzati come sinonimi.

Il copyright ha origine nei sistemi anglosassoni (common law) e nasce inizialmente per garantire la tutela economica delle opere di ingegno, mentre il diritto d’autore è tipico dei sistemi che si basano sulla codifica dei diritti (civil law) e protegge le opere di ingegno fin dalla loro creazione a prescindere che vengano o meno commercializzate. In Italia, il diritto d’autore è stato disciplinato dalla legge 633/1941.

Il diritto d’autore si declina in:

  • diritti patrimoniali, relativi allo sfruttamento economico dell’opera, che includono ad esempio il diritto di riproduzione, di esecuzione, di pubblicazione;
  • diritti morali, rivolti alla tutela dell’autore, comprendono il diritto al riconoscimento della paternità e al mantenimento dell’integrità dell’opera, il diritto di pubblicazione o del ritiro della stessa dal commercio.

I diritti morali non hanno scadenza mentre i diritti patrimoniali valgono per tutta la vita dell’autore e per i settant’anni successivi, dopodiché l’opera diventa di dominio pubblico e può essere utilizzata da chiunque, sempre che siano rispettati l’onore e la personalità dell’autore.

In Italia, la violazione del diritto d’autore non è definita all’interno della legge 633/1941 ma ricade nelle casistiche di contraffazione o plagio. Nel primo caso si tratta di sfruttare diritti economici collegati ad un’opera senza il consenso del titolare, mentre nel secondo si tratta di utilizzare tutti o parte degli elementi creativi di un’opera appropriandosi anche della sua paternità.

Cosa prevede il diritto d’autore

L’articolo 1 della legge 633/1941 sul diritto d’autore stabilisce:

“sono protette ai sensi di questa legge le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.”

L’articolo 2 include un elenco delle opere principalmente oggetto di tutela, in particolare riguardanti alcuni ambiti: letteratura, musica, scrittura, pittura, disegno, fotografia, ma anche informatica e banche dati.

È importante osservare come il focus sia il carattere creativo dell’opera oggetto di tutela legale, che non significa che si tratti di un’opera originale e del tutto nuova, ma al contrario si riferisce “…alla personale e individuale espressione di un’oggettività appartenente alle categorie elencate nell’articolo 1” come da sentenza 1107 del 2023 della Cassazione.
Questo significa che le opere di ingegno possono includere anche idee semplici a patto che “l’opera rifletta la personalità del suo autore, manifestando le sue scelte libere e creative”.

Questa interpretazione data dalla sentenza della Cassazione è in linea con il diritto dell’Unione Europea e da questa si deduce che il concetto di personalità sembra riferirsi solo agli esseri umani. La risoluzione del 2020 del Parlamento Europeo in tema di proprietà intellettuale legata allo sviluppo di tecnologie di IA sottolinea inoltre che il concetto di “creazione intellettuale” sia legato a una persona fisica, escludendo la tecnologia IA.

Determinare il contributo umano nelle opere di IA

Partendo dall’assunto che una “creazione intellettuale” possa essere attribuita solo a una persona fisica, la questione si complica quando consideriamo il rapporto con la tecnologia e il suo ruolo nel processo creativo. Prendiamo ad esempio la fotografia: anche se un fotografo utilizza una macchina fotografica per scattare una foto o Photoshop per modificarne l’intensità o i colori, rimane comunque l’autore dell’opera. Il nodo cruciale è determinare fino a che punto l’individuo abbia esercitato controllo creativo sull’espressione dell’opera, che deve contenere un contributo umano significativo per essere tutelata dal diritto d’autore.
Attualmente, il dibattito su questo tema è particolarmente intenso nel campo dell’Intelligenza Artificiale.

Fino ad oggi, i giudici hanno seguito approcci diversi.

  • Negli Stati Uniti, ad esempio, una recente sentenza ha valutato se proteggere con copyright un’opera costituita da un fumetto nel quale le parole erano frutto della creatività dell’autore, mentre le immagini sono state create utilizzando Midjourney. L’Ufficio Copyright ha stabilito che solo i contenuti con un effettivo contributo umano – quindi i testi ma non le immagini– potessero essere tutelati (Zarya of the Dawn, sentenza)
  • Un caso simile è avvenuto anche in Italia, dove la Corte di Cassazione ha richiesto una valutazione più dettagliata del grado di creatività presente in un’immagine di un fiore elaborata con software di IA. Se la valutazione confermasse un significativo contributo umano, il diritto d’autore proteggerebbe l’opera nel suo complesso, e non solo la parte non generata da IA.

Diritto d’autore e AI Act

L’AI Act è il regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale, proposto dalla Commissione nell’aprile del 2021. Durante il processo di approvazione, il testo ha subito diverse modifiche e integrazioni, in particolare in risposta alla diffusione dei sistemi di IA generativa a partire dalla fine del 2022. La presenza crescente di tali sistemi ha portato all’introduzione, di disposizioni specifiche per le cosiddette “General Purpose AI” (GPAI), affrontando anche il tema dei dati utilizzati per l’addestramento dei sistemi di IA e del diritto d’autore. In particolare, l’articolo 53, relativo agli “Obblighi per i fornitori di modelli di IA per scopi generali”, richiede di:

  1. mettere in atto una politica di rispetto del diritto d’autore dell’Unione, in particolare per individuare e rispettare, anche attraverso tecnologie all’avanguardia, le riserve di diritti espresse a norma dell’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva (UE) 2019/790”;
  2. e di “rendere pubblica una sintesi sufficientemente dettagliata dei contenuti utilizzati per la formazione del modello di IA generale, secondo un modello fornito dall’AI Office” (organo della Commissione Europea creato specificamente per occuparsi di IA)

Cerchiamo di comprendere meglio.
Al punto 1 viene richiamata la direttiva (UE) 2019/790, ossia la direttiva sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale con particolare riferimento alle riserve di diritti (articolo 4). Anche nel contesto dell’Intelligenza Artificiale si applicano quindi le condizioni stabilite per la riproduzione e l’estrazione di opere a fini di text e data mining (ossia all’utilizzo di dati e testi). Questo riconosce ai titolari dei diritti la facoltà di limitare l’estrazione di testo e dati, eccetto in situazioni specifiche delineate dalla direttiva, come l’utilizzo per scopi di ricerca scientifica.

Il riferimento all’articolo 4 della direttiva sul diritto d’autore si propone di chiarire le controversie riguardanti l’applicabilità di queste norme alla creazione e all’addestramento dei modelli di IA. I fornitori di sistemi di Intelligenza Artificiale sono tenuti a ottenere l’autorizzazione dai titolari dei diritti per qualsiasi utilizzo di contenuti protetti da copyright, a meno che non siano applicabili le eccezioni e le limitazioni previste dalla legge.

Per quanto riguarda il secondo punto, al fine di agevolare i titolari dei diritti nella verifica dell’uso dei propri contenuti e opere, i fornitori di sistemi di IA sono tenuti a compilare e pubblicare un riepilogo dettagliato dei contenuti utilizzati per addestrare i propri modelli. Questa sintesi deve includere informazioni esaustive sui dataset impiegati, sia di fonti pubbliche che private. La trasmissione di queste informazioni avverrà tramite la compilazione di un modello predisposto dall’AI Office, semplificando così il processo e alleviando le preoccupazioni relative al possibile onere eccessivo per i fornitori di modelli nell’elaborazione della documentazione.

La sentenza USA e la sentenza di Pechino: due strade diverse

La sempre maggiore diffusione di strumenti di Intelligenza Artificiale, anche open source, ha dato vita anche a una serie di battaglie legali tra i produttori di tecnologia e i titolari delle opere che denunciano violazioni del copyright e scarsa chiarezza in particolare nell’uso di opere di ingegno per addestrare gli algoritmi.

Negli Stati Uniti sono numerose le class action contro alcuni grandi nomi della tecnologia come Open AI e Midjourney accusate da molti di plagio.
Una recente sentenza ha rigettato le denunce di tre artisti americani che avevano citato in giudizio Stability AI, la società che ha creato il software Stable Diffusion e che secondo gli artisti sarebbe utilizzato per allenare i dataset anche di Deviant Art e Midjourney.

Il giudice federale della Corte distrettuale della California ha emesso una sentenza in relazione alla causa dei tre artisti per violazione del copyright e concorrenza sleale. La denuncia contro Stability AI riguarda l’ipotesi secondo cui l’azienda “ha scaricato o altrimenti acquisito copie di miliardi di immagini coperte dal copyright senza autorizzazione per creare Stable Diffusion e ha utilizzato tali immagini per addestrare il modello, facendo in modo che le opere fossero memorizzate e incorporate in Stable Diffusion come copie compresse”.
Il giudice ha rigettato la denuncia basandosi principalmente su aspetti formali, perché gli artisti non avevano identificato quali opere nello specifico siano state utilizzate e perché l’ipotizzata violazione non si basava su risultati inoppugnabili di ricerca. Inoltre, l’onere della prova è a carico degli artisti ed è facile intuire che non sarà così semplice dimostrare l’avvenuta violazione con prove inconfutabili.
Questa sentenza, pertanto, apre alla possibilità che dati e contenuti utilizzati per allenare gli algoritmi possano non essere oggetto di tutela.

Di tutt’altro avviso il Tribunale di Pechino che è stato chiamato in causa per valutare se riconoscere il diritto alla tutela del copyright nel caso di un’immagine creata con il software di IA Stable Diffusion.
Il tribunale ha risposto confermando che l’immagine generata tramite Intelligenza Artificiale rientra nelle opere di ingegno da tutelare perché “la selezione dei testi di richiesta” e l’impostazione dei parametri abbiano costituito un “certo grado di investimento intellettuale “.
Alla base di questa valutazione da parte del giudice troviamo quindi il riconoscimento che il prompt sia equiparabile a un contributo creativo e originale umano e che quindi possa comportare il riconoscimento del diritto d’autore.
Questa sentenza sicuramente non passerà inosservata e apre a un dibattito più approfondito sull’importanza del contributo intellettuale riguardo alle opere generate dall’IA.

Queste due sentenze vanno in direzioni opposte e evidenziano come il rapporto tra diritto d’autore e opere di Intelligenza Artificiale sia ancora non definito chiaramente e soprattutto non regolato da norme uguali per tutti gli stati.

Cinque scenari per il futuro della proprietà intellettuale

In conclusione, esaminiamo i cinque possibili scenari di evoluzione della proprietà intellettuale delineati dalla Commissione Europea. Questi scenari sono tratti dallo studio “Futures of Innovation and IP Regulation in 2040: Scenarios and Policy Implications“, pubblicato a gennaio 2024. Questo studio fa parte di un progetto di ricerca che mira a identificare i fattori di cambiamento, esplorare possibili scenari futuri e definire le relative implicazioni politiche.
La proprietà intellettuale, che include il diritto d’autore, i brevetti, i marchi registrati e i segreti commerciali, si propone di proteggere legalmente, tra le altre, le innovazioni e le creazioni artistiche.

Analizzare come potrebbe evolversi la proprietà intellettuale attraverso questi scenari permette di comprendere come l’innovazione e la creatività verranno stimolate e quale ruolo potranno avere nel futuro.

  • Scenario 1: Fine della proprietà intellettuale come la conosciamo
    La completa digitalizzazione dell’economia al 2040 riduce la dipendenza dai tradizionali diritti di proprietà intellettuale come i brevetti, favorendo i segreti commerciali integrati nel software. Le grandi aziende tecnologiche dominano lo scenario stabilendo regole tramite API e standard di settore.
  • Scenario 2: Regime della proprietà intellettuale dominato da interessi privati
    Grandi aziende in settori avanzati sfruttano la crescente complessità tecnologica e l’interconnettività per manipolare il sistema di PI a proprio vantaggio. Le tecnologie disruptive, come l’intelligenza artificiale (IA), ridefiniscono come i brevetti sono creati, registrati ed esaminati, mettendo a dura prova la capacità degli enti regolatori di tenere il passo.
  • Scenario 3: Proprietà intellettuale come campo di battaglia geopolitica
    Con l’aggravarsi delle tensioni geopolitiche, la PI diventa uno strumento strategico per proteggere gli interessi commerciali regionali. L’Europa cerca di mantenere un sistema di brevetti armonizzato e efficiente, mentre altre regioni puntano su strategie aggressive di protezione e segretezza.
  • Scenario 4: Proprietà intellettuale globale e controllo distribuito
    L’emergere di sfide globali come cambiamenti climatici e crisi sanitarie spinge verso un regime di PI che facilita la commercializzazione e l’accesso globale alla conoscenza. L’armonizzazione e la digitalizzazione dei processi di PI supportano un’innovazione basata sulla scienza, accelerando lo sviluppo di soluzioni globali.
  • Scenario 5: Innovazione globalizzata grazie alla collaborazione open source
    La collaborazione open source diventa dominante nei beni digitali, con un minimo di gestione dei diritti di PI, facilitata da licenze non negoziabili.
Scritto da: Arianna Meroni e Camilla Zan il 18 Aprile 2024

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