La formazione è certamente una delle principali leve per il rilancio della nostra economia e per sostenere il mercato del lavoro: sull’onda di questa convinzione, in questi anni di crisi, sono stati messi in campo, di concerto con le parti sociali, una serie di strumenti destinati al sostegno, al reddito e all’attuazione di politiche attive del lavoro.
Tra questi, i Fondi Interprofessionali, che nascono per finanziare piani di formazione continua concordati tra le parti sociali beneficiari della formazione sono i lavoratori dipendenti delle imprese iscritte ai Fondi stessi. Si tratta di risorse destinate dalle aziende, per una ben precisa finalità e di entità spesso inferiore rispetto ai fabbisogni formativi, anche se la formazione, in particolare quella continua, rappresenta l’investimento che ogni impresa dovrebbe fare, a maggior ragione, in periodi di grandi cambiamenti. In questo senso non possiamo dimenticare che, attraverso i Fondi Interprofessionali, questo investimento può essere a costo zero: l’impresa, infatti, destinando ai Fondi il contributo Inps dello 0,30 ha accesso a risorse per formare i propri dipendenti e i propri dirigenti, all’interno di un’offerta molto articolata.
Sono ormai trascorsi 10 anni dalla nascita dei Fondi Interprofessionali ed il bilancio che si può fare è certamente positivo: le aziende che hanno scelto di aderirvi rappresentano quasi il 70% del totale delle imprese del settore privato e ai Fondi confluiscono quasi 600 milioni di euro che gli stessi destinano al finanziamento di interventi di formazione continua per dipendenti e dirigenti.
In questo momento, in cui sembra vedersi un po’ di luce in fondo al tunnel della crisi, la formazione rappresenta un sicuro volàno per la ripresa. Scegliere i Fondi significa beneficiare di indubbi vantaggi: rapidità nella valutazione delle proposte, nessun contributo aggiuntivo – considerando che il cofinanziamento richiesto è facilmente coperto dal costo del lavoro – modalità di rendicontazione semplificate rispetto a quelle del Fondo Sociale Europeo.
Valorizzare le risorse umane significa rendere le imprese più competitive e i lavoratori più qualificati. Del resto, in alcuni paesi dell’Unione, come la Germania e la Francia, sono state fatte scelte importanti: per contrastare la situazione di difficoltà è quasi raddoppiato l’investimento in formazione. I risultati, in termini di crescita, stanno ripagando le scelte fatte. L’Italia è ancora lontana dai numeri dei nostri partner europei: se il nostro paese destina lo 0,30 del monte salari per finanziare la formazione dei lavoratori, la Spagna indirizza lo 0,75 e la Francia ben l’1,60. Istruzione e formazione meritano, viceversa, maggior attenzione e più interesse della politica. Decidere di traferire risorse della formazione continua in favore degli ammortizzatori in deroga, come è avvenuto lo scorso anno su decisione del Governo, se da un lato può aiutare a fronteggiare, in un primo momento, una situazione di emergenza, dall’altro però significa ritardare quell’investimento sulle risorse umane di cui il nostro paese ha tanto bisogno.
Walter Lindo