<<Non parliamo di un’intelligenza artificiale che sostituirà il docente, ma di un’opportunità di empowerment della formazione, che oggi registra un grande interesse per l’intelligenza artificiale. La nuova sfida della risorse umane sarà quella di acquisire nuove competenze per poter trarre un reale vantaggio dall’AI>>.
Secondo Pierangelo Soldavini, vicecapo redattore Nova24 (Il Sole 24 Ore), a cui spettano le considerazioni iniziali dell’evento Intelligenza artificiale e formazione: esempi di come l’IA sta trasformando i processi di apprendimento, l’apprendimento sarà sempre più personalizzato e valorizzato proprio grazie all’AI.
Lo stretto legame tra Training e Intelligenza Artificiale
Il compito di portarci subito un passo verso il futuro spetta a Chiara Panciroli, Docente del Dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Università di Bologna, che si concentra nell’illustrarci in che modalità l’intelligenza artificiale possa essere applicata alla formazione. Per prima cosa, la docente mette in evidenza sia le potenzialità sia le criticità relative all’applicazione dello sviluppo tecnologico nell’ambito della formazione, dato che quest’ultimo è connesso a tutti i costrutti sociali, alla cultura, all’economia e non se ne può, quindi, dare una lettura isolata.
Questo confronto tra settori e campi diversi è meno semplice di quanto ci si possa aspettare: parliamo, infatti, di ambiti che si devono definire anche con il giusto lessico. Va creata una vera e propria cultura dell’intelligenza artificiale nell’ambito della formazione (Training for AI). La tecnologia non può essere considerata intelligente di per sé; è, invece, il progetto tecnologico realizzato nel contesto della formazione che può rendere intelligenti i processi didattici.
Un’altra riflessione è capire quali applicazioni dell’AI possono mettersi al servizio della formazione (AI for Training): quali sono gli strumenti più adatti (chatbot, robotica, riconoscimento facciale) e come se ne analizzano gli impatti. In questo senso, la vera sfida è quella di inserire questi strumenti nella didattica.
Cosa bisogna sapere per poter parlare di Intelligenza Artificiale?
Oggi, la strategia nazionale rispetto all’AI richiede che gli sforzi progettuali siano orientati verso un’intelligenza artificiale “affidabile”. Che cosa significa? Significa che questi processi devono essere attendibili, comprensibili, trasparenti e basati anche su valori umani, etici e di equità. Nella pratica, questa definizione porta con sé un quesito: come possiamo affidare i processi di apprendimento a delle macchine, coinvolgendo però anche tutti gli altri ambiti (sociali, culturali…) per fare in modo che questi processi siano davvero “intelligenti”?
Per farlo, spiega la docente, dobbiamo innanzi tutto intenderci su un lessico minimo che racchiude le definizioni base da usare progettualmente:
- Intelligenza Artificiale, indica sistemi che mostrano un comportamento intelligente analizzando il proprio ambiente e compiendo azioni, con un certo grado di autonomia, per raggiungere specifici obiettivi. Il suo scopo è sviluppare processi, seguendo una propria logica (diversa da quella umana), capaci di risolvere problemi.
- Machine learning, algoritmi matematici che permettono alle macchine di apprendere in modo che possano effettuare e completare una attività richiesta. È un allenamento per l’IA che apprende informazioni direttamente dai dati, correggendo gli errori, per poi svolgere autonomamente un determinato compito.
- Deep learning, algoritmi ispirati alla struttura e alla funzione del cervello chiamate reti neurali artificiali. Applicando il Deep Learning, avremo una “macchina” che riesce autonomamente a classificare i dati ed a strutturarli gerarchicamente trovando quelli più rilevanti e utili alla risoluzione di un problema.
- Analisi predittiva, in grado di fornire previsioni sull’andamento futuro di un determinato fenomeno. Combinando modelli matematici (o “algoritmi predittivi”) con i dati storici, l’analisi predittiva calcola la probabilità con cui può accadere un evento.
Quali sono gli elementi dell’Intelligenza Artificiale che possono influenzare la qualità dei processi formativi?
Una volta chiarito il lessico di base, è importante capire quali sono gli elementi di IA che possono qualificare il processo formativo:
- Qualità dei dati: l’IA ha bisogno di dati puliti, attuali e ben governati, ed è quindi necessario munirsi di un dataset di dati di qualità. Questo è sempre più difficile nel mondo dei Big data, ma anche se la pulizia del dato è ciò che richiede maggior effort, è ciò che assicura la riuscita delle operazioni richieste all’AI.
- Rappresentazione della conoscenza: la macchina acquisisce dati tramite informazioni e tramite l’esperienza delle persone, per poi organizzarla e renderla fruibile.
- Esperienza co-creativa: ci sono tre modi in cui la creatività può essere sviluppata. Da un essere umano che viene aiutato dall’IA, da una macchina, aiutata però da un umano che la aiuta, oltre a programmarla, la gestisce e dà valore ai risultati. La terza modalità si basa sulla co-creazione tra umano e artificiale, come nel mondo dell’arte o della robotica.
In conclusione, se ci interroghiamo sulle modalità in cui l’intelligenza artificiale sta trasformando positivamente l’esperienza di apprendimento, possiamo affermare che lo fa tramite l’individualizzazione e personalizzazione dell’apprendimento, perché le persone possano formarsi in maniera equa e diversificata a seconda delle diverse esigenze; attraverso la produzione di contenuti intelligenti, volti quindi allo sviluppo di abilità per il raggiungimento di competenze utili, e grazie all’automazione delle attività.
L’Intelligenza Artificiale nelle aziende: oggi e domani
È Roberto Mancinelli, Head of Manpower Academy, Manpower Group Italia a prendere la parola nella seconda metà dell’evento. Come considerazione iniziale, spiega che il risultato di una ricerca svolta da Manpower e Ernst & Young è che ci saranno molte persone, in futuro, che lavoreranno nelle professioni relative all’applicazione delle nuove tecnologie. Nella stessa ricerca, un’altra analisi ha riguardato le competenze per il futuro: sono 5 quelle che consentiranno di essere competitivi nelle professioni di domani: 3 sono competenze relazionali e 2 sono personali. Tra queste non mancano l’ascolto attivo e il problem solving, proprio quelle che ci stiamo impegnando a far acquisire alle macchine.
Per fare un esempio concreto, in Manpower si usa una piattaforma che mette il candidato nelle condizioni di dover rispondere a delle domande nello stile di svolgere un assessment, piuttosto che come interrogazione sulle esperienze pregresse. Le macchine, che macinano una grande quantità di dati, possono matchare questa “domanda di lavoro” dei candidati con quella che è la richiesta del mercato e i desiderata del mondo del lavoro. In questo modo è possibile fare ipotesi concrete su quali saranno le professioni richieste in futuro.
Un altro spunto interessante che Mancinelli riprende dall’intervento precedente è legato al tema della creatività: oggi lo pensiamo come elemento distintivo dell’essere umano, ma non è detto che le macchine, essendo capaci di analizzare enormi quantità di dati, non sappiano creare interpretazioni che sfuggono all’occhio umano (pensiamo alle analisi predittive che si possono svolgere in ambito medico). Anche Mancinelli si sofferma a evidenziare l’importanza della qualità e della bontà dei dati che le macchine sono chiamate a interrogare. Se l’uomo, soggetto a diversi bias, dà in pasto alla macchina dati incompleti o imprecisi, i sistemi di machine learning non riusciranno a farne un’analisi chiara e funzionale.
In conclusione, i relatori sono d’accordo nell’affermare che l’intelligenza artificiale risulta efficace quando affianca e non sostituisce l’intervento umano. Una sfida nella sfida, suggerisce Soldavini: un circolo virtuoso che prevede il dover innescare processi di apprendimento nei sistemi di intelligenza artificiale, che influenzano a loro volta, migliorandoli ed efficientandoli, i processi di apprendimento umani.
Qui di seguito puoi trovare l’abstract dell’evento: