Perché inserire una Lectio Magistralis dal titolo Multidisciplinarietà Digitali all’interno di un percorso che riguarda i Megatrend? Perché – come spiega Silvia Camisasca, coordinatrice di questa serie di lezioni del progetto di Open Education Exploring the Future – la transizione digitale e tecnologica è necessariamente legata a quella sostenibile ed ecologica di cui tanto sentiamo parlare oggi.
La forte connessione tra questi due aspetti si evince anche dalle recenti politiche che il mondo occidentale e parte del mondo asiatico stanno mettendo in atto proprio rispetto a tali questioni: si parla di progetti di sviluppo e di crescita sempre tenendo conto dell’impatto ecologico che questi avranno. Oltre all’occhio di riguardo per l’ambiente, però, c’è anche un cambio di approccio da considerare quando si parla di sviluppo: la trasformazione digitale non può più essere messa da parte.
Digitale e sostenibilità
Si parla di digital non solo quando ci si affaccia a tematiche relative alla sostenibilità ma anche quando ci si rapporta alla sfera economica, demografica e sociale. Grazie alla scienza viviamo sempre più a lungo, e sempre più a lungo facciamo parte della forza lavoro. Dunque, non possiamo non considerare la trasformazione digitale come qualcosa in cui, presto o tardi (ammesso che ci sia ancora chi non lo è) saremo immersi. Senza contare che, proprio in quanto strumento attraverso il quale accediamo alle forme di conoscenza e sapere, la digitalizzazione non può essere divisiva, ma devono essere improntate politiche che la rendano accessibile a tutti.
Proprio da queste considerazioni iniziali prende il via la Lectio di Tiziana Catarci, Professoressa Ordinaria di Sistemi di Elaborazione delle Informazioni presso il Dipartimento di Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale “Antonio Ruberti” della Sapienza Università di Roma. Catarci sottolinea l’importanza di tutte le nuove competenze, digitali e trasversali, che il mondo del lavoro richiede. Oggi, infatti, non si ha bisogno solo di giovani esperti laureati in discipline scientifiche ed informatiche, ma di figure con competenze interdisciplinari. Queste ultime devono necessariamente comprendere un mindset digitale (sappiamo che la pandemia ha permesso l’accelerazione di processi di digitalizzazione che erano in stallo da anni, si pensi allo smart working etc…), ma anche competenze umanistiche (l’analisi dei testi, il design, l’arte) e soft skills.
Si va verso una vera e propria ibridazione: non è più sufficiente far parte di un team eterogeneo e multidisciplinare, ma anche il singolo componente del team è tenuto ad avere competenze che spazino in più campi e settori. In questo senso, anche la verticalizzazione del sapere può arrivare a costituire un problema più che una soluzione: una maggiore specializzazione in un settore deve obbligatoriamente essere accompagnata dalla multidisciplinarietà. È, infatti, solo grazie a questa ibridazione che saremo capaci di maneggiare il cambiamento di paradigma relativo alla trasformazione digitale in atto.
La società digitale
La società digitale di oggi, che si contraddistingue da una costante presenza di strumenti tecnologici, dai tool di meeting online all’utilizzo dei social, spiega la Professoressa, racchiude in sé lati positivi e negativi: è vero che il digitale permette una continua innovazione e ricerca di informazioni o soluzioni a problemi del singolo o collettivi (si pensi alla DaD che ha permesso il proseguire delle lezioni scolastiche, seppur in una forma nuova ed “improvvisata”, invece che un blocco totale delle attività). È ben nota, però, anche l’altra faccia della medaglia: l’aumento di informazioni disponibili che ha causato il fiorire di fake news, la drammatica esigenza di colmare il digitale divide, la crescita costante di individui restii ad utilizzare mezzi tecnologici. Non tutti, infatti, a causa per esempio della provenienza geografica o delle disponibilità economiche, possono accedere allo stesso modo al mondo digitale.
Un altro fattore da considerare è che questa nuova rivoluzione digitale, a differenza delle rivoluzioni industriali precedenti, le quali riguardavano solo l’automazione dei processi e le nuove scoperte scientifiche da sfruttare nel mondo del lavoro, pervade oggi la vita quotidiana di tutti i cittadini. L’alfabetizzazione digitale, dunque, non riguarda più solo il mondo del lavoro, ma diventa necessaria per sviluppare gli strumenti cognitivi affinché si possa discernere informazioni, analizzarle, sviluppare senso critico e pensiero razionale.
Questo è quello che permette di creare persone migliori, sostiene Catarci, persone in grado di apprendere qualunque cosa e di non essere spaventate dai cambiamenti. Persone capaci di evolversi con l’evolvere dei problemi che la società deve fronteggiare. Il cambiamento digitale deve, in altre parole, aiutare a risolvere questi problemi, e non peggiorarli o crearne di nuovi.
La trasformazione digitale porta con sé una riflessione che ha a che fare anche con il drammatico aumento dei disoccupati nell’ultimo anno. In particolare, sono le donne ad aver pagato il prezzo più alto della crisi pandemica ed è proprio su di loro che Catarci concentra parte del suo intervento: il mondo digitale oggi è governato dal maschio bianco di etnia caucasica, e se non si farà spazio alla diversità di genere, così come a quella etnica, il divario digitale peggiorerà sempre di più, generando effetti spiacevoli non solo nella vita lavorativa degli individui, ma anche nella loro vita sociale.
L’etica nella tecnologia
L’intervento non può che proseguire con una riflessione sull’etica della tecnologia e l’importanza che ci siano normative che regolino l’uso dei nuovi strumenti digitali: in particolare, Machine Learning e Intelligenza Artificiale non possono fare a meno dell’uomo e del suo “senso comune” poiché, sostiene la Professoressa, ne sono attualmente sprovviste. I danni che le macchine potrebbero causare se non correttamente utilizzate, a causa per esempio dei pregiudizi in base ai quali sono programmate (etnici, sociali, etc…), sono superiori ai benefici che se ne potrebbero trarre.
A questo punto viene presentato l’ospite dell’evento, Federico Nicolosi, Neurochirurgo di Humanitas Hospital, fondatore e CEO della startup UpSurgeOn. La sua attività di ricerca – racconta – l’ha portato a considerare l’etica della tecnologia come tematica fondamentale da affrontare nel suo settore. UpSurgeOn, oltre ad essere una vera e propria Academy che si concentra sulla formazione digitale, ha liberato la sperimentazione chirurgica dall’utilizzo dei cadaveri, e consente a tutti i giovani specializzandi, qualsiasi siano i loro backround geografici e religiosi, di fare training su un materiale simil organici e tessuti biomimetici, che possono riprodurre in tutto e per tutto il corpo umano e le sue patologie. Si parla di un vero e proprio cambiamento culturale che, oltre a consentire di rivoluzionare le logiche di formazione in ambito medico e chirurgico, permette la drastica riduzione dei casi di malpractice ed errori da parte dei giovani medici.
La pluripremiata attività portata avanti dal Dottor Nicolosi si colloca dunque come prezioso caso studio nell’ambito medico per quanto concerne sia la ricerca scientifica, sia l’implementazione di innovazioni tecnologiche sostenibili ed inclusive.
Qui di seguito puoi vedere l’abstract dell’evento: