Il Reverse Mentoring è il processo mediante il quale i giovani tipicamente con meno esperienza, ma con una forte competenza digitale, aiutano i senior, con una lunga esperienza lavorativa, a familiarizzare con la tecnologia, alla ricerca di un reciproco scambio.
Si ritiene che sia Jack Welch, ex CEO della General Electrics, ad aver avviato il primo programma di Reverse Mentoring nel 1999, quando chiese a 500 dei suoi top manager di trovare dei giovani impiegati che potessero spiegare loro come usare internet. La nascita di nuove tecnologie ha portato con sé un digital divide tra junior e senior all’interno delle aziende, cioè un gap di conoscenze e comportamenti efficaci nell’utilizzo delle nuove tecnologie. Tradizionalmente chi ha maggiore esperienza dovrebbe essere in grado di presidiare un problema con maggiore efficacia, grazie a competenze acquisite durante tutta la carriera professionale, tuttavia i senior di oggi devono accettare di studiare e sperimentare nuovi strumenti digitali, spesso fondamentali per affrontare le sfide delle organizzazioni.
Nel reverse mentoring le competenze digitali del giovane e l’esperienza del senior si incontrano per accrescere in entrambi la consapevolezza del mondo circostante. La cultura del mondo digitale, in cui gli under 35 (o addirittura under 20) sono nati, viene trasmessa ai senior che a loro volta accrescono nei giovani la consapevolezza e la visione della realtà lavorativa, viste da chi ha alle spalle anni di attività e traguardi raggiunti. Un programma di reverse mentoring può avvenire attraverso degli incontri formali tra junior e senior, con il reciproco impegno a formarsi su aspetti differenti del lavoro. Ad esempio possono essere implementate le capacità di project management di entrambe le generazioni, se da una parte i giovani insegnano l’utilizzo di strumenti digitali per la gestione di un progetto come l’e-calendar, l’organizzazione di riunioni a distanza o strumenti digitali per programmare le attività.
I senior possono trasmettere i principi sempre validi per raggiungere i risultati di un progetto come la formulazione di una vision o la definizione di un obiettivo efficace. Il reverse mentoring se ben implementato all’interno dell’organizzazione può diventare uno strumento per migliorare diversi processi come la gestione dei talenti, l’employer branding, la promozione della diversità, il superamento del digital gap, lo sviluppo della leadership, lo scambio di contenuti inter-generazionali, la diffusione del know-how interno e la promozione della cultura del long life learning.
Marco Amicucci